Ispirato a una storia falsa.
Prologo
Due rette distinte possono avere un punto d'incontro. Ma cosa succede se sono parallele? E cosa accade se misuriamo l'evoluzione di un attrattore strano? Infine, come si coniugano con il principio di indeterminazione di Heisenberg?
Il mio diario su Tumblr, 15/05/2012
Quando si parla di
suicidio si dicono sempre le stesse banalità: "È successo all’improvviso; una
cara persona; non pensavo avesse dei problemi; era sensibile; ci mancherà".
Come se chi non avesse queste pulsioni non abbia problemi. Che poi, io,
fondamentalmente, non è che abbia tutti questi gravi problemi. Mi sono
semplicemente rotto il cazzo. Ho perso tutto o forse non ho mai avuto niente.
Ed
eccoci qui, finalmente, sul ponte dei suicidi. Il luogo è deserto
come immaginavo; dopo qualche minuto arriva una ragazza che scrive su un foglio. Fumo
un’ultima sigaretta, in attesa che se ne vada, e dopo lo farò. Cosa cazzo avrà da
scrivere alle 3 di notte?! Le nubi avvolgono la città e la luna è pallida, quasi
a scusarsi di starsene lì a guardarci dall’alto in basso.
Finisce
di scrivere e getta la penna nell’acqua, sale sul muretto e allarga le
braccia. Butto in fretta la sigaretta e corro verso di lei urlando: ‹‹ Hey, non farlo! ››. Lei si volta verso di me, sorride, e dice: ‹‹ Shh... non urlare, c’è gente che dorme ››. Mi fermo a un metro da lei e faccio: ‹‹ Aspetta, parliamone ››, ‹‹ Se vuoi farmi cambiare idea, ti avverto che stai
perdendo tempo ›› risponde caustica la ragazza. ‹‹ Ok, va bene; ma dimmi il
motivo o comincio ad urlare! ›› la esorto con tono minaccioso.
La donna guarda avanti a sé e sussurra: ‹‹ A causa
del vuoto… lo vedo ovunque. Tu hai paura del vuoto? ››
‹‹ Non è il vuoto che mi spaventa ›› dico, ‹‹ Ma
quanto io non sia in grado di reagire a esso. ››
‹‹ Cioè? ››
‹‹ Una volta dissi a una ragazza che se mi avesse
lasciato non avrei sopportato se si fosse data a storie di poco conto e lei mi
accarezzò la guancia. A distanza di tempo sono io che ho cominciato a buttarmi
in queste storie. ››
‹‹ Perché mi racconti questo? Cosa c’entra? ››
‹‹ Perché in realtà non facevo altro che colmare il
vuoto con il vuoto. Facevo sesso con le altre donne, ma il mio cervello non era
lì con me, il mio cuore nemmeno. ››
‹‹ E’ molto triste… ››
‹‹ E soprattutto è la prima volta che lo dico a
qualcuno. Sai, forse non dovrei dirtelo, ma ero venuto qui per fare la stessa
cosa che stai facendo tu, ma non voglio che tu lo faccia. ››
‹‹ A condizioni inverse ti lascerei fare: la
libertà è la cosa più importante. ››
‹‹ Non ci credo. ››
‹‹ Come fai a dire così se nemmeno mi conosci?! ››
‹‹ Siamo qui per lo stesso scopo e le stesse
motivazioni: forse ti conosco meglio di quanto tu creda. ››
La ragazza si gira verso di me e dice: ‹‹ Allora
ammazzati, fallo! ››
‹‹ Se lo faccio poi tu farai la stessa cosa e… non
voglio. ››
‹‹ Che ti importa di me? Nemmeno sai chi sono! ››
‹‹ Mi sentirei in colpa. ››
‹‹ Per cosa? Per aver rispettato le mie ultime
volontà? ››
Salgo anch’io sul muro e guardo avanti a me. ‹‹ Se mi
buttassi ora, tu non proveresti alcun rimorso per non avermi fermato? ››
‹‹ No. ››
‹‹ Allora mi butto, e non avrò rimpianti né rimorsi.
Cerca soltanto di non lanciarti sopra il mio cadavere: sarebbe poco educato. ››
La
ragazza comincia a ridere, prima piano, e poi sempre più forte coprendosi le
labbra con la mano e scende dal muro. Mi viene incontro e mi porge la mano, ‹‹ Vieni giù ››, sussurra. La guardo sorridendo a mezza bocca e prendo la
sua mano, facendo un salto per terra. Lei strappa il foglio che aveva. ‹‹ Hai
una serata per convincermi a non essere di nuovo qui, domani ››, dice
sorridendo.
Siamo dentro una casa abbandonata, ho
comprato del thè.
‹‹ Fuori piove ››, dico per abbozzare una
conversazione.
‹‹ Dentro pure ›› risponde lei.
‹‹ Cosa c’era scritto nel tuo biglietto? ››
‹‹ Nulla di importante. ››
‹‹ Non vuoi dirmelo? ››
‹‹ Non pensi di essere indisponente? ››
‹‹ Hai mai viaggiato? ››
‹‹ No, purtroppo. ››
‹‹ Non ne hai mai avuto occasione? ››
‹‹ Non con chi volevo io. ››
‹‹ È solo questo il motivo? ››
‹‹ E ti pare poco? Se stai con le persone che
conosci non sei te stesso. Se ti trovi in mezzo a sconosciuti, solo lì, sei
davvero te stesso. ››
‹‹ Allora viaggia sola! ››
‹‹ Vorrei andarci con una persona che mi conosca perfettamente. ››
‹‹ E chi sarebbe? ››
‹‹ Non c’è. ››
Arriva sgomitando il crepuscolo mattutino. La notte è passata tra
intense conversazioni e bicchieri di thè. La ragazza mi ha chiesto se avessi
una casa mia, le ho risposto che non vivevo solo. E quando le ho chiesto il
nome, lei si è girata dicendo: ‹‹ Oggi mi chiamo Marlène ››.
Il
mio diario su Tumblr, 16/05/2012
Sapete qual è il colmo per un giornalista
agorafobico? Assistere a una conferenza stampa.
Se ieri fossi morto, oggi non sarei qui. Comincio a pentirmi di non averlo fatto. Guadagno 3 euro ad articolo e, se mi va bene, ci compro qualche libro a fine mese. Sudore, agitazione, ansia. La gamba si muove da sola e gli occhi sono rivolti verso il basso. Ho la sensazione di guardarmi dall’esterno. Anche dall’esterno fatico a guardarmi negli occhi. La gamba trema.
Sapete qual è il colmo per un giornalista afefobico? Fare sesso.
Qualcuno mi guarda, lo so. Qualcuno mi giudica, lo so.
Pensieri felici. Pensieri felici.
Io non sono qui.
Sono altrove.
Sono al mare. C'è il sole. Sono solo. Il mondo non esiste.
Non funziona.
Sono un quadro.
Sono un paesaggio impressionista.
Sapete qual è il colmo per un giornalista affetto da iperidrosi? Stringere la mano a tutti.
Sono una serie di colori indefiniti.
Sono un colore nero.
Nero sfumato.
Grigio.
Se ieri fossi morto, oggi non sarei qui. Comincio a pentirmi di non averlo fatto. Guadagno 3 euro ad articolo e, se mi va bene, ci compro qualche libro a fine mese. Sudore, agitazione, ansia. La gamba si muove da sola e gli occhi sono rivolti verso il basso. Ho la sensazione di guardarmi dall’esterno. Anche dall’esterno fatico a guardarmi negli occhi. La gamba trema.
Sapete qual è il colmo per un giornalista afefobico? Fare sesso.
Qualcuno mi guarda, lo so. Qualcuno mi giudica, lo so.
Pensieri felici. Pensieri felici.
Io non sono qui.
Sono altrove.
Sono al mare. C'è il sole. Sono solo. Il mondo non esiste.
Non funziona.
Sono un quadro.
Sono un paesaggio impressionista.
Sapete qual è il colmo per un giornalista affetto da iperidrosi? Stringere la mano a tutti.
Sono una serie di colori indefiniti.
Sono un colore nero.
Nero sfumato.
Grigio.
Prendo appunti. Sono l’unico a non esser
travestito: non ho giacca, non ho cravatta, non ho pantaloni eleganti, non ho
scarpe sgargianti. Sono l’unico qui dentro a non essere il suo
ruolo. Non dico frasi di circostanza, non ringrazio nessuno, non difendo
l’operato di nessuno, non pubblicizzo nessuno.
Sfumo nel nero.
Prendo appunti, poi disegno sul foglio.
La conferenza finisce ed io sparisco.
Apro la porta e mi infilo in un buco nero, entrando a fatica.
Sfumo nel nero.
Prendo appunti, poi disegno sul foglio.
La conferenza finisce ed io sparisco.
Apro la porta e mi infilo in un buco nero, entrando a fatica.
Colloquio di lavoro. Mi presento in sala d’attesa e
sono l’unico che non ha la giacca, non ha la cravatta e non è vestito elegante.
Nel reality show “la sala d’attesa” sono tutti talmente uguali che fatico a distinguere
i loro volti. Ogni tanto esce una segretaria dalla porta e qualcuno di noi
sparisce. Ogni volta che la segretaria dice il cognome di qualcuno, lui
sparisce dal gioco. Arriva il mio turno.
Sparisco anche io oltre la porta.
Sparisco anche io oltre la porta.
Entro nella stanza, la segretaria finge l’ennesimo
sorriso della giornata e mi siedo davanti un travestito che parla con qualcuno,
o forse con nessuno, attraverso il microfono collegato con l’auricolare. Mi fa
cenno di sedermi. La telefonata finisce e il colloquio comincia. Questa è la
parte del reality definita come “la prova”, perlomeno è così che mi disse lo
sceneggiatore. Il direttore della fotografia ha scelto colori sfocati, stile
anni '70, con contrasti.
‹‹ Ma lei ha i jeans?! ››
‹‹ A casa ho anche una tuta. ››
‹‹ Ai colloqui ci si veste elegante, non gliel’hanno
insegnato? ››
‹‹ Non sarei elegante con una giacca; non ho nulla
contro i travestiti ma io non lo farei, ecco. ››
‹‹ Scusi non ho capito, si spieghi meglio. ››
Mi guardo intorno e allungo il collo verso il
travestito e sussurro: ‹‹ Qui siete tutti travestiti, ma io non ho nulla in
contrario, solo gradirei rimanere come sono, voi siete… tutti uguali, ecco. ››
‹‹ Per favore, lasci questo ufficio. ››
La prova è finita, l’esito lo saprò prossimamente,
dopo la pubblicità, presumo. Televoto.
La giornata scorre lentamente. Il mio cervello e
i miei gesti sono fuori sincrono con le altre persone. Parlando con il regista, mi ha raccontato che il produttore si sarebbe lamentato degli eccessivi dialoghi, dice
che lascio poco spazio all’immaginazione. Gli ho risposto che non parlo molto e
l’accusa mi sembra un po’ stupida e infondata, ma il regista fa spallucce. Sto per dirgli che nessuno si sogna di fare critiche del genere a Tarantino, quando dal megafono esce fuori la parola ‹‹ azione ›› e scende la sera. Nel
copione c’era scritto che dovevo tornare al ponte dei suicidi per vedere se la
ragazza fosse di nuovo lì, in realtà non mi interessava molto, ma non mi andava
di discutere con la produzione.
Sono le 3 di notte e non c’è nessuno. Guardo
giù dal ponte, ma non vedo corpi spiaccicati né sangue. Accendo una sigaretta
e aspetto. Non ditelo al regista, ma a me non piace fumare, ha detto che la
sigaretta è un simbolo di ribellione e il protagonista doveva fumare per forza.
Io nemmeno lo volevo il ruolo da protagonista, ma i miei genitori non hanno
voluto sentire discussioni. Nel cielo le stelle cominciano a sparire e la luna
brilla sfarzosa ed egoista.
‹‹ Ti suicidi anche stasera? ››, dice la ragazza
spuntando all’improvviso dal nulla, forse coperta dalla scenografia.
‹‹ No, speravo lo facessi tu, Marlène ›› rispondo
buttando fuori il fumo.
‹‹ Ieri ero Marlène, oggi sono Penny Lane; e tu,
chi sei oggi? ››
‹‹ Lo stesso di ieri. ››
‹‹ Hai costanza, vedo. ››
‹‹ Ci provo. ››
(applausi)
(applausi)
Propongo di andare a berci qualcosa e Penny Lane
accetta. Entriamo in un pub e lei ordina per entrambi un Gin e Lemon, io dico
che non mi piace e lei risponde che non l’ho mai assaporato veramente per
poterlo dire.
‹‹ Fuori è nuvoloso. ››
‹‹ Anche dentro ›› dico guardando davanti a me. Faccio una pausa.
‹‹ Come sei stata oggi? ››
‹‹ Da Dio. ››
‹‹ E cosa ti ha detto? ›› incalzo.
‹‹ Chi? ››
‹‹ Dio. ››
‹‹ Niente, si è congratulato per il mio
comportamento, ma non ha elogiato la mia curiosità. ››
‹‹ Non ti facevo curiosa. ››
‹‹ E come mi fai? ››
Pausa. ‹‹ Bizzarra. ››
‹‹ Credi in Dio? ››
‹‹ È lui che non crede in me. ››
(Aggiungi ai preferiti)
(Aggiungi ai preferiti)
Il regista mi fa cenno che sto esagerando con i
dialoghi e la smetto con le domande. Mentre Penny parla, la osservo. La pelle
delle braccia è perfetta, le mani sono piccole e delicate, il suo naso è ben
delineato, così come i denti, e le labbra sono carnose. Ha un piercing sul labbro. Ma questa non è lei, è
solo come la vedo io. Mentre parla, si manda i capelli dietro le spalle perché
le danno fastidio. Quando si esprime non incrocia mai i miei occhi. Ha una strana cicatrice sul braccio, ma non
le chiedo niente. La ascolto soltanto, e osservo divertito la sua espressione
modificarsi per ogni stato d’animo che la accompagna. In sottofondo parte una
colonna sonora che non riesco a distinguere. Sembrano violini. Guardo il
regista per fargli capire che è abbastanza scontato, ma lui alza le spalle.
Questa volta paga lei e, quando arriva il
crepuscolo, va via salutandomi così: ‹‹ Al prossimo suicidio ››.
Il
mio diario su Tumblr, 17/05/2012
Mi
sveglio tardi. Oggi mi aspetta la palestra. Al casting mi dissero che la pancia
era fuori luogo per il protagonista. Di questo ne ho parlato con il regista,
dissi che alcune donne la adorano perché è simbolo di potere, ma il regista ha risposto
che se Dio avesse avuto la pancia nessuno lo avrebbe adorato. Questa frase non mi è nuova, ne sono certo. Dopo la palestra
mi attende una lampada, devo farla per contratto. Il pomeriggio lo passo
scrivendo l’articolo sulla conferenza stampa di ieri e lo invio in redazione. Non
so nemmeno se esista una redazione: non ci sono mai stato; poi ho un
colloquio in una fabbrica che produce pneumatici. Mi presento con il cappello e
la barba incolta, ma qui nessuno dice niente, i loro sguardi parlano da soli. Così
mi tolgo il cappello e faccio il ventriloquo.
‹‹ Salve, io sono signor Cappello, “Ello” per gli
amici. ››
‹‹ Mi perdoni, scusi? ››
‹‹ Perché mi guarda male? Cos’ha contro di me? Sono
più intelligente di una cravatta, glielo assicuro. ››
Dopo la pubblicità, mi ritrovo a camminare per le
strade del centro chiedendomi cosa stia facendo Penny Lane in questo momento. Non
ho nulla da fare, così parlo con chi si occupa del montaggio e dico di tagliare
tutto fino alla sera. ‹‹ I giornalieri se li fa il regista ››, dice la voce fuori campo.
Non so se sia il caso di andare di nuovo al ponte dei suicidi: ho
paura che se Penny Lane non ci sia non abbia interesse nei miei confronti ed ho
paura che se ci fosse potrebbe entrare nel mio cervello e incatenarsi. Ma, in
fin dei conti, cosa c’è di peggio del nulla? La sofferenza potrebbe essere
tanto peggiore dell'atarassia? O sono davvero così codardo? E se pensasse che voglio vederla tutte le sere? Dovrei tenerla sulle spine? Dovrei rinunciare
ad essere me stesso?
Ho deciso di andare.
La luna ride di me e l'asfalto è un gigante appisolato che abbraccia le case. Chi ha scritto il plot ha detto che è la soluzione migliore perché lei è ancora fragile; e poi il responsabile del casting ha detto che il budget era ristretto: non potevano permettersi troppi attori. Lo sceneggiatore aveva ragione. La ragazza arriva, sempre vestita di nero, e mi prende sottobraccio senza salutarmi.
La luna ride di me e l'asfalto è un gigante appisolato che abbraccia le case. Chi ha scritto il plot ha detto che è la soluzione migliore perché lei è ancora fragile; e poi il responsabile del casting ha detto che il budget era ristretto: non potevano permettersi troppi attori. Lo sceneggiatore aveva ragione. La ragazza arriva, sempre vestita di nero, e mi prende sottobraccio senza salutarmi.
‹‹ Mi aspettavi? ›› Comincia lei.
‹‹ Volevo buttarmi. ››
‹‹ Tu non hai mai avuto intenzione di farlo. ››
‹‹ Non è vero! ››
‹‹ Tu fai tante domande e speri di non essere mai
l’argomento di una discussione. Hai pochi amici e fai fatica a
mantenere i rapporti. Non sei innamorato da chissà quanto tempo
e hai smesso di credere nelle persone, ma non sei superiore a loro ››.
Io non rispondo, metto le mani in tasca e guardo
per terra. Percepisco che sta osservando i miei movimenti.
‹‹ Dove andiamo stasera? ››
‹‹ Hai mai visto il Colosseo di notte? ››
(applausi)
(applausi)
La maestosità del Colosseo non riesce a catturare
la mia attenzione quanto non faccia questa stronza. Nel copione c’è
scritto che devo andarci piano o non risulta credibile, ma non riesco a
togliermi dalla testa la mitopoiesi di lei che mi sono creato. La pianto lì,
nel bel mezzo della conversazione con una scusa banale, il regista è incredulo
ma non mi ferma, anzi mi dice che ho avuto un’idea geniale. ‹‹ Colpo di scena ››, esclama qualcuno dal set.
Ritaglio
de “Il corriere della sera”, 19/09/2012
[...] ‹‹ La donna che mi ha rubato l’ironia! ››, queste
testuali parole sono state riportate dall’avvocato De Luca quando il ragazzo
entrò nel suo ufficio. De Luca ricorda bene l’accaduto e ce lo racconta così:
‹‹ Non ricordo il giorno preciso, ma una mattina entrò questo ragazzo e disse
di voler intentare causa per furto. Rispondo che non ci sono problemi, lo
faccio accomodare e gli chiedo di espormi la sua storia. Lui, lo ricordo come
fosse ieri, mette i gomiti sulla scrivania e incrocia le mani. Disse che voleva
denunciare una persona per furto d’ironia. Dopo aver sentito questa
frase la mia espressione deve essergli risultata strana, tant’è che, lo
ricordo come fosse ieri, il ragazzo mi indica con fare accusatorio e dice che
ho stropicciato il labbro. Lui, mi spiegò, stropicciava il labbro quando non era
convinto di una cosa. Provai a rimanere serio e non contraddirlo: è pieno di
matti al giorno d’oggi e chissà cosa avrebbe potuto fare. Ho cercato di farlo
desistere dicendogli che sarebbe impossibile intentare una causa simile, e che
non c'erano prove materiali. Lui rispose di chiedere a tutti i suoi conoscenti
e di farsi raccontare che, in effetti, aveva smesso di sorridere. L’ironia, mi
spiegò, è la cosa più preziosa che avesse, ed ora lei gliel’aveva portata via [...]
Il
mio diario su Tumblr, 18/05/2012
Mi sveglio presto. Prima di tutto devo pisciare. Faccio cenno al regista di tagliare. Con gli occhi stanchi apro la
porta del bagno e vedo una persona di spalle con il giubbotto di pelle e i jeans.
‹‹ Chiccazzo sei tu? ››, dico spaventato.
Lui non si gira e accende una sigaretta:
‹‹ Tutti mi conoscono, pivello ››.
‹‹ E chi sei? Che ci fai qui? ››, insisto.
‹‹ Questo, per la cronaca, è il mio ufficio ››,
risponde lui.
Il tizio si gira e si presenta: ‹‹ Arthur
Fonzarelli, per tutti Fonzie ››.
‹‹ E che vuoi da me? ››
‹‹ Cerco di darti una mano, siediti. ››
‹‹ Sulla tazza? ››
‹‹ Certo. ››
‹‹ Ieri sera hai sbagliato ad andartene. ››
‹‹ È stata una scelta istintiva. ››
‹‹ Non è vero. Non era istinto quello. ››
‹‹ E cos’era? ››
‹‹ Paura. ››
‹‹ Senti, ma a me Cunningham stava proprio sui
coglioni, tu come facevi a… ››
Fonzie mi afferra per il braccio e mi tira su
guardandomi negli occhi; poi dice: ‹‹ Fottitene della paura. Il rimpianto è
peggio del rimorso. Stasera alzi il culo e torni lì! ››.
Ore 3 di notte, ponte dei suicidi. Penny Lane
ancora non arriva. Forse è incazzata con me. Nell’attesa si avvicina l’addetto
stampa e mi chiede di fare alcune dichiarazioni.
‹‹ Com’è il tuo umore? ››
‹‹ Sereno con rapide foschie improvvise. ››
‹‹ Stato civile? ››
‹‹ Divorziato dalla nascita. ››
‹‹ Nazionalità? ››
‹‹ Apolide. ››
‹‹ Segni particolari? ››
‹‹ Cinque dita per mano. ››
‹‹ Dimmi qualcosa che ti è andato bene, tipo un
esame andato bene, un fidanzamento o cose simili. ››
‹‹ Ho preso 28 ad un esame. ››
‹‹ Ottimo, questo lo mettiamo come titolo del post. Metto
anche che ti vedi con qualcuna, qualche foto. Parlami delle tue passioni, ora. ››
‹‹ Passioni? Senti, comincia a stufarmi questa cosa.
››
‹‹ Le persone vogliono sapere. ››
‹‹ C – H – I – S – S – E – N – E – F – R – E – G –
A. ››
Sono nervoso e, dopo aver mandato via l’addetto
stampa, tamburello con le dita sul muretto. Mi preparo al piano sequenza.
‹‹ Chi sei oggi? ›› mi grida Penny spuntando
all’improvviso, come sempre.
‹‹ Non lo so. ››
‹‹ Hai perso le tue certezze? ››
‹‹ Non ne ho mai avute. E tu, chi sei oggi? ››
‹‹ Oggi sono Bauci. Per questa sera vuoi essere il
mio Filemone? ››
‹‹ Senti, questa storia mi ha annoiato. Parliamo seriamente? ›› dico con sdegno.
‹‹ Se volevi scoparmi, potevi dirlo subito ›› fa
seria lei, guardandomi negli occhi e con le braccia incrociate.
‹‹ Perché, avresti accettato? ››
‹‹ Scopami, che aspetti! ›› mi invita.
Io mi avvicino a lei, ma la ragazza ride e si
sposta. ‹‹ Ci hai creduto eh, su non fare quella faccia, per chi mi hai preso? ››
Penso “per una stronza”, ma dico: ‹‹ Sono un uomo e
tu sei una donna, chiunque avrebbe accettato. Comunque non volevo dire questo
››.
‹‹ E cosa volevi dire? ›› campo.
‹‹ Non importa. ›› controcampo.
‹‹ Dove mi porti stasera? ›› mi esorta lei.
‹‹ All’inferno. ››
La porto in un giardinetto e parliamo per ore. Lei
ha le gambe incrociate sulla panchina e, nonostante sia notte, indossa gli
occhiali da sole. Ormai è entrata. Si è incatenata dentro di me. Sono fottuto.
‹‹ Senti, facciamo sesso? ›› Questa volta sono
serio. Spero che dopo averlo fatto sparisca l’aura magica di lei che si è
creata nella mia testa.
‹‹ Sono una signora, ti pare questo il modo di
proporre certe cose? Sei ineducato e rozzo. ››
‹‹ Oh, mi scusi signora principessa del mio cazzo.
››
‹‹ A proposito di cazzo, tiratelo fuori! ››
‹‹ No, stavolta non ci casco. ››
Quando dico così, lei si avvicina con fare deciso e
mi tira su la camicia. Mi sbottona la cinta guardandomi fissa negli occhi. Mi dà
un bacio sulla guancia e assume un’espressione maliziosa. Sono sicuro che le
piaccia sapere che io non aspettassi altro, e ora lei ha potere su di me.
Può farmi godere se lo vuole, può farmi star male, può fare ciò che vuole.
Tira giù la cerniera e infila una mano dentro i miei jeans. Tasta il mio uccello duro tramite i boxer e poi infila sinuosa la mano all'interno. Sente quanto sono bagnato. La prendo per il polso e la sposto delicatamente. Le dico che scherzavo e che non mi interessa fare sesso con lei. Chiudo la cerniera e vado via. Lei rimane lì, incredula, con la mano bagnata. Io vado via, godendo. Non un piacere fisico, ma un piacere mentale: pensava di avere potere su di me e adesso è lei la schiava, è lei che mi vuole. Sono sicuro che domani sarà ancora più decisa nel suo intento di conquistarmi. Rimane lì a guardarmi le spalle mentre vado via. Si lecca la mano.
A casa sono costretto a farmi una sega, ma questo lo avevo messo in preventivo.
Può farmi godere se lo vuole, può farmi star male, può fare ciò che vuole.
Tira giù la cerniera e infila una mano dentro i miei jeans. Tasta il mio uccello duro tramite i boxer e poi infila sinuosa la mano all'interno. Sente quanto sono bagnato. La prendo per il polso e la sposto delicatamente. Le dico che scherzavo e che non mi interessa fare sesso con lei. Chiudo la cerniera e vado via. Lei rimane lì, incredula, con la mano bagnata. Io vado via, godendo. Non un piacere fisico, ma un piacere mentale: pensava di avere potere su di me e adesso è lei la schiava, è lei che mi vuole. Sono sicuro che domani sarà ancora più decisa nel suo intento di conquistarmi. Rimane lì a guardarmi le spalle mentre vado via. Si lecca la mano.
A casa sono costretto a farmi una sega, ma questo lo avevo messo in preventivo.
Il
mio diario, 19/05/2012
La sera seguente lei è lì. Ha portato un gatto. Dice che non ha un nome: darglielo non sarebbe stato giusto. Le chiedo
come lo chiama e lei risponde che, semplicemente, non lo chiama.
Stanotte la luna sorride. Ci guardiamo negli occhi e ci prendiamo per mano, senza dirci nulla. Abbiamo finito di duellare. I nostri volti sono rilassati. Io sono lei e lei è me. Siamo uno.
Mi piace.
Epilogo
Se a incontrarsi sono due rette parallele, il punto d'incrocio è situato all'infinito.
Nel caso di attrattore strano, le due linee hanno solo fugaci punti di incontro. Si inseguono costantemente senza raggiungersi mai. Esso serve per descrivere l'evoluzione del moto in un sistema dinamico.
In meccanica quantistica, il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg implica l'impossibilità per un singolo osservatore di misurare simultaneamente due grandezze – posizione e velocità – di una particella elementare. Questo avviene poiché l'osservatore influenza il comportamento dei corpuscoli. L'unico modo per farlo è quello di calcolare un margine di indeterminazione sulla prima grandezza, che aumenta quanto più decresce l'incertezza sulla seconda.
In filosofia, l'indeterminazione sottolinea l'assoluta influenza del caso nella connessione degli eventi reali, chiamando in causa il principio di probabilità. Se l'individuo ha bisogno di cercare un significato nelle proprie azioni e negli eventi, oppure vuole conoscere per intero fenomeni in cui egli stesso contribuisce alla loro modificazione, questo concetto stronca ogni nostra illusione e speranza.
Stanotte la luna sorride. Ci guardiamo negli occhi e ci prendiamo per mano, senza dirci nulla. Abbiamo finito di duellare. I nostri volti sono rilassati. Io sono lei e lei è me. Siamo uno.
Mi piace.
Epilogo
Se a incontrarsi sono due rette parallele, il punto d'incrocio è situato all'infinito.
Nel caso di attrattore strano, le due linee hanno solo fugaci punti di incontro. Si inseguono costantemente senza raggiungersi mai. Esso serve per descrivere l'evoluzione del moto in un sistema dinamico.
In meccanica quantistica, il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg implica l'impossibilità per un singolo osservatore di misurare simultaneamente due grandezze – posizione e velocità – di una particella elementare. Questo avviene poiché l'osservatore influenza il comportamento dei corpuscoli. L'unico modo per farlo è quello di calcolare un margine di indeterminazione sulla prima grandezza, che aumenta quanto più decresce l'incertezza sulla seconda.
In filosofia, l'indeterminazione sottolinea l'assoluta influenza del caso nella connessione degli eventi reali, chiamando in causa il principio di probabilità. Se l'individuo ha bisogno di cercare un significato nelle proprie azioni e negli eventi, oppure vuole conoscere per intero fenomeni in cui egli stesso contribuisce alla loro modificazione, questo concetto stronca ogni nostra illusione e speranza.
Servizio de il “Tg1”, 18/09/2012
Ragazzo si butta da un ponte. La causa del suicidio
non è stata ancora accertata, ma si sospetta sia un suicidio d’amore. Coglione.
Aveva tutta una vita davanti. Eh sì, la vita è dura. Un corpo esanime è stato trovato stanotte e il sangue è schizzato per dieci
metri. Nell’impatto con il terreno gli è saltato via l’occhio destro che è poi
stato schiacciato dalle ruote di una macchina. Parte delle ossa sono uscite
prepotentemente fuori dal corpo ricoperto di sangue, raggrumato e annerito. Piscio, sangue e merda si sono mischiate fra di loro. Puzza. Sembra
un grosso insetto spiaccicato sul terreno. Nei suoi jeans è stato
trovato un biglietto sul quale non c’era scritto nulla. Sul muro dove si è buttato ha lasciato l'ipod, in loop c'era "Love will tear us apart" dei Joy Division. Forse il ragazzo ha
pianto. Sapere che ha sofferto ci conforta. Era un giornalista precario che non socializzava: non accettava mai i caffè dai politici che intervistava. Fra 5 minuti avremo il servizio sui parenti e – si spera – le loro lacrime. I suoi conoscenti da noi intervistati hanno detto le seguenti parole: "Era un ragazzo un po' strano; non salutava mai; si vedeva che aveva problemi; abbiamo parlato solo una volta e mi raccontava dei sistemi dinamici; secondo me era gay; non l'ho mai visto sorridere; se ne shteva sempre solo chijo, ajo parco, a leggere; i suoi genitori pensavano volesse ucciderli; sapevamo sarebbe finita così; è stato un bene per tutti". Quando è stato
ritrovato il corpo, c’è stato un minuto di applausi da parte del cast.
Ognuno ha portato via una parte del ragazzo. Di lui rimarrà un profilo Facebook dal quale mostreremo foto e pensieri, con una toccante musica di sottofondo. Una donna ha
reclamato il teschio di quello che ha definito "Il mio attrattore strano, la mia convergenza parallela", tramite una misteriosa telefonata al commissariato. Vi terremo
aggiornati.
Colonna sonora. Titoli di coda. Si sfuma nel nero.
Colonna sonora. Titoli di coda. Si sfuma nel nero.
Nessun commento:
Posta un commento